sabato 23 giugno 2007

Lettera ad Avvenire e risposta

Cr* tutt*,

vi riporto la mia lettera ad avvenire mandata dopo il Pride e la risposta del giornale.
Lascio a voi giudicare prima di dirvi cosa ne penso poco sotto. Vi invito fin da subito a scrivere a detto giornale, proprio perché si chiede il dialogo e bisogna sempre dialogare: qualcuno, cito a memoria, disse che chi opera nella verità viene alla luce. Abbiamo forse da vergognarci di noi e del nostro amore?

LETTERA:

Commento riferito all'articolo: http://www.db.avvenire.it/avvenire/edizione_2007_06_16/articolo_764705.html La pagina e tratta dal sito di Avvenire online: http://www.avvenire.it

Cara Redazione di Avvenire,

ho letto l'editoriale di Folena sul Pride di Roma. Ci sono stato, ho partecipato, mi sono appassionato per una rivendicazione di diritti che investe la mia vita direttamente.
Accolgo con interesse, come sempre, come la mia educazione di (ex)cattolico mi ha insegnato, ogni apertura al dialogo, eppure vi chiedo: è apertura quella di chi mi indica come "intrinsecamente disordinato" contro ogni evidenza scientifica? E apertura quella di chi mette insieme omosessualità e pedofilia, denigrando e insultando milioni di cittadini e cittadine italiane che lavorano, pagano le tasse e non sono criminali come invece chi commette atti di pedofilia? è apertura dichiarare che le unioni omosessuali minano il matrimonio tra un uomo e una donna? E come? Mio fratello si è sposato l'anno scorso, tra poco diventerò zio, e sono stato felicissimo che facesse questo passo, aiutandolo contro le resistenze più o meno naturali della mia famiglia e della famiglia di mia cognata. Loro, sposati ad Assisi, cristiani credenti, mi hanno accolto e mai giudicato. Per esperienza so quanto è difficile per chi si ama non avere l'appoggio di nessuno quando si cerca di costruire il proprio progetto di vita.
Ecco, queste cose chiedeva la piazza, una piazza esacerbata da ragionamenti che difettano di logica e che rifiutano di estendere i diritti e i doveri della costruzione di una società civile sana a dei cittadini che non differiscono dagli altri se non per l'orientamento sessuale.
Io sono qui, disposto a dialogare, ma i dialoghi si fanno in due, con la rispettiva disponibilità a cambiare le proprie posizioni. Chi difende la "famiglia naturale" è disponibile ad ascoltare la scienza e la società in cui vive? non sarebbe più utile per tutti giungere ad un felice compromesso?
Ad esempio, non mi interessa neanche un po' chiamare il mio compagno "mio marito": tuttavia voglio poterlo visitare quando soffre in ospedale, prendermi la responsabilità di decidere delle sue cure se lui non può, prendermi la responsabilità di mantenerlo quando non potesse da solo andare avanti, sostenerlo nella vecchiaia e nella difficoltà, lasciargli l'eredita; voglio che riceva la mia reversibilità, volgio poter visitare la sua tomba senza ingiunzioni da parte di parenti "omofobi" che basterebbe solo definire razzisti, e sopratutto voglio che questa mia coppia sia riconosciuta dalla società che contribuisce a costruire, con atto pubblico. Perchè facciamo la spesa, compriamo mobili, paghiamo il mutuo, paghiamo il canone rai, lavoriamo, abbiamo amici, e parenti, che aiutiamo e sosteniamo come possiamo - al megliodi quanto possiamo. Che sia chiami matrimonio, dico, o vattelappesca cosa volete che ci importi... Dunque perchè non sviluppare una giurisprudenza ed un diritto positivo per le coppie omosessuali, riconoscendo la loro diversità e salvaguardando la differenza del matrimonio?
Cosa, da ultimo, è "inaccettabile" nella richiesta di diritti e doveri che nascono da un rapporto d'amore tra persone libere e sane?

Vi ringrazio per l'attenzione,

Stefano Ventura

LA RISPOSTA (22 gigno 2007, supplemento E' Famiglia)

Caro Ventura,

non ho competenza specifica per parlare della posizione della Chiesa circa l’omosessualità. Sono però certo di due cose: innanzitutto che l’espressione “intrinsecamente disordinato” non è mai riferita alle persone, qualunque sia il loro orientamento sessuale. La seconda cosa che le posso assicurare è che nessuno – né nella gerarchia ecclesiastica né tanto meno su questo giornale – ha mai equiparato omosessualità e pedofilia che sono cose assolutamente diverse.

E’ la seconda parte della sua lettera però, a reclamare una risposta non elusiva e che rappresenta un’occasione di dialogo da non sprecare. Lei dice “non mi interessa chiamare il mio compagno ‘mio marito’..che sia matrimonio o Dico o vattelapesca cosa volete che ci importi” ed elenca invece una serie di diritti, rispetto ai quali fa legittima richiesta di riconoscimento. Personalmente penso che questo sia esattamente il terreno sul quale possiamo ritrovarci senza divisioni ideologiche. Il nostro unico “limite”, per così dire, è quello che lei stesso scrive nella penultima frase della sua lettera: “dunque perché non sviluppare una giurisprudenza e un diritto positivo per le coppie omosessuali, riconoscendo la loro diversità e salvaguardando la differenza del matrimonio?”. Ecco il punto: se si evitano equiparazioni con convivenze di diverso tipo, si può arrivare senza grandi difficoltà ad individuare a uno a uno proprio quei diritti individuali che – fin dall’inizio di questo dibattito – la Chiesa e noi nel nostro piccolo abbiamo indicato come strumento di reale promozione.

Molti dei diritti, che lei ricorda sono già riconosciuti dalle leggi più recenti o dalla prassi giurisprudenziale. Ma in questi mesi abbiamo indicato varie possibili soluzioni tecniche – da una riforma del Codice Civile in materia di eredità al riconoscimento degli accordi d convivenza – per arrivare all’obiettivo di rendere i diritti individuali fruibili più facilmente da tutti i conviventi – omo ed eterosessuali – il subentro nel contratto di affitto, la cura in ospedale, la regolazione dei rapporti patrimoniali all’interno della coppia, la libertà nel decidere i propri lasciti ereditari, se questo non danneggia i diritti dei figli eventualmente presenti. Le uniche perplessità, per la verità, le conserviamo sulla questione della pensione di reversibilità, soprattutto per i conviventi eterosessuali, che potrebbero accedere al matrimonio ma fanno scelte diverse (non a caso pure i Pacs francesi la prevedono). Occorre infatti evitare che vengano create delle “nozze di serie B” con tanti diritti e pochi doveri, in concorrenza oggettiva – sempre per le coppie eterosessuali – con il matrimonio. Lo ripetiamo: siamo contro le discriminazioni e siamo aperti a chi voglia dialogare e confrontarsi senza tacciarci gratuitamente di omofobia. Proviamo a ragionare ancora insieme partendo da questa base comune? Grazie dell’ascolto. (Francesco Riccardi)
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Nei commenti al post potete leggere cosa ne penso e come fare a rispondere.

baci

4 commenti:

Steve ha detto...

Come rispondere

famiglia@avvenire.it

oppure Redazione Famiglia p.zza Carbonari, 3 20125 Milano

Fax: 02-6780570


Il mio commento:

la lettera è fondamentalmente elusiva. No risponde alle questioni fondamentali che proponevo: perchè non atto pubblico? perchè miniamo il matrimonio etero?

il punto a cu non si è risposto, ma che mi sembra di aver espresso chiaramente nella lettera è questo: se siamo cittadini sani e costruttivi di questa repubblica, ed i nostri rapporti costruiscono appunto sano tessuto sociale e produttivo, perchè detti rapporti non devono essere riconosciuti pubblicamente per quello che sono?
Come si può riconoscere un diritto privato a qualcuno, senza dargli PUBBLICO riconoscimento di esistenza?

La risposta, che non hanno osato dare perché sgradevole e poco dialogante, è questa: perchè non riteniamo che siate sani elementi del tessuto sociale: siete disordine, peccato, immoralità malattia.

Su questo dobbiamo stanarli. Essere irremovibili. Battere come goccia su pietra, ossessivi (come dice Peppe) come lo Spirito Santo!

Perchè la formula che usano circa i diritti individuali questo esprime: tutti noi abbiamo il diritto individuale di peccare, ma la società non deve pubblicamewnte riconoscere un peccato come un bene.

INSOMMA SCRIVETE SCRIVETE PARLATE DITE!!!!

Pensate che la mia lettera l'ha letta qualcuno che non avrebbe mai in tutta la sua vita ascoltato questi ragionamenti! E pensate anche che se non hanno usato gli argomenti che vi dicevo (e che speravo usassero) è perchè sentono anche "loro" che non sono più pubblicmante presentabili! Hanno dei dubbi! Aiutiamoli a passare il guado! :)

Lyrico ha detto...

visto che vuole dialogare gli scriverò anche io. :-)

Steve ha detto...

OTTIMO!!! :)

hanno proprio bisongo di sano dialogo che li "metta all'angolo" mettendo in evidenza le loro contraddizioni e la loro omofobia.

ubaldo ha detto...

Inutile che aggiunga i miei commenti nello specifico... già ve li immaginate!
Esprimo solo la mia approvazione a chi ha voglia dialogare e di convincere... io non ne ho più.
Mi pare che il rischio del mero esercizio dialettico, fine a se stesso, sia molto alto. In altre parole: perché spendere tempo a cercare di persuadere qualcuno che non ha la ben che minima voglia di cambiare idea. Se mi metto nei "loro panni", penso: forse che sarei disponibile a lasciarmi convincere da un fascista? Mai, con la migliore delle disposizioni al pluralismo, credo che gli argomenti mi rimbalzerebbero dalla testa... Noi per loro siamo molto peggio dei fascisti ("meglio fascista che frocio" docet!).
In sostanza sono contento che qualcuno abbia ancora voglia e argomenti, ma attenzione a non abboccare alla polemica sterile.
D'altra parte non sono affatto d'accordo a buttare via il bambino assieme all'acqua del bagno... quindi la mia appartenenza alla chiesa (eventualmente anche cattolica) non è soggetta all'approvazione della gerarchia, che -appunto- non è la chiesa, ma dall'accoglienza della comunità dei fedeli. E anche qualora questa mancasse, questo non mette in discussione il senso del messaggio evengelico, che non c'entra niente!
Baci a tutti
Ubaldo