di Anna Paola Concia
Vengo dal mondo dello sport. E il mondo dello sport mi ha insegnato usi e costumi della vita. Letteralmente. Mi ha insegnato che in una competizione non c’è un nemico da abbattere ma un avversario da sconfiggere, con armi lecite e stando alle regole. È sempre stato questo che mi ha affascinato dello sport, il cimento personale, la sfida tra gentildonne o tra gentiluomini.
Non a caso il mio sport è stato il tennis: arena moderna tra gladiatrici o gladiatori di classe. Sì, forse anche un po’ snob, lo riconosco. Ma è quello snobbismo che ti permette di essere una persona perbene nella vita.
E questo per me, è sopra ogni cosa. Nello stesso tempo ho riportato gli insegnamenti sportivi dentro l'altra grande passione della mia vita: la politica. E' possibile immaginare il disorientamento. Quello che ho imparato nello sport è servito a poco, o meglio, le cose nella politica purtroppo non funzionano come nello sport. ma io non so fare e, soprattutto, non so vivere altrimenti, e le stesse regole dello sport le applico alla politica. Per questo per me un'avversaria è colei con la quale cimentarmi fino allo sfinimento, non "mollo una palla"., ma è pur sempre un avversaria. Con una dignità, altrimenti non avrebbe l'onore di essere una mia avversaria. Paola Binetti è un'avversaria. Ha una idea della vita, delle relazioni, della società, completamente diversa dalla mia. Conduce una battaglia politica perché la sua idea di società sia egemone. Io, noi, ne facciamo una altrettanto forte e significativa per una società che dia piena cittadinanza ai cittadini e le cittadine omosessuali, che sappia mescolare vite prossime e distanti. Sono entrambe battaglie alla luce del sole. Nessuno può dire che io non faccia una battaglia alla luce del sole. Nessuno può dirlo di lei. Siamo in una arena, la nostra sfida è sotto gli occhi di tutti, e tutti possono giudicare vittorie e sconfitte. Questo significa cimentarsi. Questa sarebbe la cosa bella della politica. In questi mesi ho avuto modo di confrontarmi con lei sulle questioni che stanno a cuore ad entrambe. Ci siamo guardate in faccia, nessuna ha mai abbassato lo sguardo. E proprio in questi mesi mi è successo di scoprirmi un tumore alla tiroide, e in 24 ore ho dovuto decidere dove operarmi. Il mio medico mi ha indirizzata al Campus Biomedico. Mi sono affidata a lui, come è giusto che sia. Paola Binetti, che lì insegna , per varie circostanze ha saputo dell'operazione e ha deciso che sarebbe venuta ad assistere. Non ho fatto una piega, mi è sembrato un gesto (come è stato) di affetto e di attenzione. Avevo una grandissima paura. La paura della vita. Lei era lì a tranquillizzarmi, con la sua tenuta da sala operatoria, a distrarmi con storie improbabili fino a qualche secondo prima dell'anestesia. Ed era lì a svegliarmi da quel sonno terribile. Alla fine ha rassicurato mia sorella e le mie amiche (tra cui qualcuna della sinistra democratica) e altrettanto tranquillamente mi ha salutato e se ne è andata. Niente di più, niente di meno. Lo racconto perché questo gesto di Paola Binetti, in un paese che sembra impazzito, è sembrato una stravaganza. E sono sembrata bizzarra io che l'ho accolto. Il nostro non è un paese normale per questo. Negli stessi giorni in cui venivo operata alcuni "amici" con i quali ho condiviso battaglie di anni, hanno buttato vagonate di fango contro di me, sapendo che non potevo difendermi: rimango una tennista che gioca leale e preferisco cimentarmi con chi mi sta davanti e mi affronta alla luce del sole. Posso perdere, senz'altro, ma posso anche vincere, basta giocare alla pari. Questa politica che sembra essere un campo di battaglia lasciato a regole barbare, non mi appartiene. Ma forse, non appartiene alla maggior parte dei cittadini italiani. Fare battaglie alla luce del sole sembra non essere più lo sport preferito della nostra classe politica Quelle e quelli che lo fanno, sembrano "stravaganti e naif". Potranno anche esserlo, ma quello che conta è la correttezza, la coerenza, la passione che li guida. A tutte le persone così io porto rispetto. E a chi mi obietta che Paola Binetti ha detto pubblicamente che sono "malata" e quindi non dovrei neanche rivolgerle la parola, rispondo che noi dobbiamo convincere lei e tanta altra gente che non è così. Dobbiamo cambiare la cultura di questo paese. Questo è il nostro compito. E so che ce la possiamo fare, perché siamo nel giusto. E, infine, purtroppo, so che ci sono tante persone che pensano cose peggiori di noi omosessuali, e sono persone anche molto vicine a noi, apparentemente vicine. Preferisco un avversario esplicito che un subdolo alleato, che mi accoltella alle spalle.
CoPortavoce nazionale Gayleft - Consulta LGBT DS
mercoledì 1 agosto 2007
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